L’obiettivo dello studio è porre l’accento sul settore della cultura e creatività visto nel suo insieme. Secondo lei che ruolo ricoprono la creatività e la cultura in Italia? E come possono essere un volano per il Paese?

Creatività e cultura sono da sempre alla base dell’identità italiana. Ci sono i grandi geni che hanno trasformato la storia dell’arte e delle scienze: ma c’è soprattutto un’idea stessa di bellezza antica e diffusa che fa parte anche della cultura popolare italiana. In fondo i grandi affreschi di Giotto e le meravigliose cattedrali sono da sempre un patrimonio di tutti. La rinascita economica del dopoguerra è legata a doppio filo con la creatività dei nostri artigiani, con la fantasia dei designer e con l’intraprendenza dell’industria. Oggi questa cultura forse è un po’ in crisi: l’Italia fatica a imporre il proprio segno in uno scenario globale più complesso e competitivo. Ma dove ha successo è proprio grazie a creatività e cultura di uomini e donne. I grandi paesi emergenti che chiamiamo Brics, la Cina, il Brasile, hanno fermato la loro crescita e sono bloccati nella “middle income trap”, la trappola del reddito medio, proprio perché non possono imitare rapidamente quel fattore che rende l’Italia unica e inimitabile: la cultura e la creatività.

I settori dell’Industria Creativa vengono spesso visti singolarmente: Cinema, TV, Musica, Arte, eccetera. Ma se visti nel complesso a livello europeo sono il terzo settore in termini di occupazione dopo l’edilizia e il settore alimentare. Si potrebbe fare qualcosa per sfruttarne l’effetto sistema? Può essere un’opportunità per il Paese in generale?

Anche in questo l’esempio viene dalla nostra storia: c’era forse distinzione tra saperi per il nostro genio più grande, Leonardo? La lezione del Rinascimento forse oggi è ancora più viva in tempi di tecnologie e super specializzazioni. Dobbiamo pensare che non possiamo vendere nemmeno un gelato senza l’aiuto della grafica e del design. O separare le tecnologie multimediali dai nostri musei. Se penso in particolare alla TV, cui ho dedicato molta della mia vita e immaginazione, non posso che confermare questa visione: musica, arte e cinema devono lavorare insieme. Il linguaggio giornalistico è un altro buon esempio: la rivoluzione multimediale ci chiede di pensare in modo più aperto e creativo. Oggi per raccontare una storia non bastano più le parole, ma è necessario utilizzare immagini, foto, grafiche, addirittura fumetti. Non c’è altra via: tutti gli sforzi devono essere impiegati per far dialogare le arti e i mestieri. Con un unico denominatore comune, la lettura “italiana” della bellezza.

Che cosa suggerirebbe per valorizzare i talenti nazionali e in particolare i giovani? Che cosa possono fare le istituzioni per creare un contesto favorevole all’emergere di giovani artisti? Cosa gli operatori del settore?

Le istituzioni non devono solo “creare il contesto”. Devono essere la casa della creatività. E’ ora che le istituzioni siano attraversate anche dalle generazioni più giovani. Naturalmente servono investimenti per far crescere gli artisti, servono politiche culturali di lungo termine, che sostengano le città, gli spazi creativi. Un vecchio modo di dire recita: “Se pensate che la cultura costi, provate con l’ignoranza”. E i più giovani non dovrebbero avere paura di investire il loro talento: nonostante la complessità della fase in cui viviamo, mi piacerebbe pensare che questo, più che mai, sia il momento giusto non per inseguire il posto fisso, ma per credere con forza al proprio talento.

Infine avremmo il piacere di chiederle una frase o uno slogan, di sua invenzione, a supporto del progetto Italia Creativa.

Da giornalista non amo molto gli slogan, ma direi la bellezza italiana cambia il mondo.

Un vecchio modo di dire recita: Se pensate che la cutura costi provate con l’ignoranza.

Monica Maggioni