Cos’è nel suo settore la creatività?

Il lavoro del produttore è creativo a diversi livelli, sia economici che artistici. Trovare i fondi per realizzare un film è una avventura creativa perché ogni film ha un percorso produttivo diverso a seconda delle sue specificità. Non c’è uno schema fisso: ogni volta è necessario crearsi una “filosofia” del finanziamento, un piano industriale alla ricerca di molteplici strade non sempre uguali. Poi c’è il lavoro con gli autori, sia in fase di scrittura che di preparazione, riprese, post produzione e uscita del film. Il produttore diventa un terzo occhio esterno, quasi un Super-io dell’autore, che consiglia, sprona, aiuta ad aggiustare il tiro, il tutto finalizzato alla riuscita del film.

Quali le eccellenze italiane e come valorizzarle?

Le eccellenze italiane del settore sono molte e riconosciute internazionalmente. Dal Neorealismo fino a tutti gli anni ’70 il nostro cinema nel mondo era secondo solo a quello americano: godevamo di una fama legata a grandissimi autori ma anche ad un alto livello del nostro cinema di Genere, produttivamente di “serie B” ma vendutissimo all’estero. Dagli anni ‘80 in poi, tuttavia, ci siamo un po’ appiattiti su una produzione quasi completamente legata alla Commedia e al cinema comico più autoctono, difficilmente esportabile. Sempre alta si mantiene però la considerazione per i nostri reparti tecnici: direttori della fotografia, costumisti e scenografi italiani sono considerati tra i migliori del mondo. Oggi, mentre si affermano nuovi autori di livello internazionale che vincono premi anche nei grandi festival, bisognerebbe forse avere il coraggio di affrancarsi dalla dicotomia cinema d’autore/commedia e tornare a sperimentare anche altri generi. La valorizzazione dei nostri talenti dovrebbe trovare una attenzione politica maggiore: va attuata una strategia sia di difesa interna del prodotto nazionale, sia contemporaneamente più aggressiva sul piano della diffusione all’estero delle nostre opere e del nostro style. Basta vedere quanto facciamo poco noi rispetto a quanto fanno i francesi.

Qual è il ruolo del cinema italiano nel panorama internazionale?

È un ruolo storico che sta riconquistando, soprattutto nei festival più importanti, una rinnovata credibilità. La nostra tradizione – quella legata a nomi come De Sica, Fellini, Visconti, Pasolini, Bertolucci, Leone, Argento, Monicelli, Risi e tanti altri – è molto più viva all’estero che da noi. I nostri autori sono più studiati nelle università di tutto il mondo che nelle nostre. I nostri classici vengono continuamente ripubblicati sia in DVD che in Blu-ray in edizioni speciali documentatissime. Ancora, è più facile trovare i nostri film, sia d’autore che di genere, all’estero piuttosto che in Italia. Ora poi si stanno affermando come nuovi “classici” autori come Moretti, Bellocchio, Sorrentino, Garrone e altri, i cui ultimi film vengono contesi anche a scatola chiusa dai maggiori festival: sarebbe dunque opportuno studiare una politica di riposizionamento del nostro Cinema nel mercato internazionale. Ma questo sarà possibile solo in presenza di un forte appoggio economico e politico. Una visione comune.

Cosa cambierebbe del contesto italiano e cosa manterrebbe?

Molti sono i cambiamenti auspicabili: servono azioni su diversi piani. Da parte della politica, una maggiore attenzione al prodotto nazionale, sia a livello di finanziamenti che di regolamentazione dei rapporti con le televisioni e con tutti i nuovi media. Poi una più incisiva lotta alla pirateria, che in Italia dilaga più che nel resto del mondo. Infine, da parte dei produttori e di chi li finanzia, una maggiore apertura progettuale. Basta con la prevenzione nei confronti dei generi, molto penalizzati sia a livello ministeriale che da parte delle televisioni. L’eccellenza – sia artistica che commerciale – si ottiene solo aprendosi alla sperimentazione e accettando anche i fallimenti. Un autore ha bisogno di essere messo in condizione di creare e non è detto che “sbocci” al primo film. I produttori indipendenti devono creare “prototipi” la cui riuscita è verificabile solo a posteriori. Non ci si può appiattire solo sulla commedia e sul film costruito a tavolino per fare soldi. E contemporaneamente anche gli autori già affermati dovrebbero essere accompagnati verso il pubblico, incoraggiati a confrontarsi con il mercato, magari sperimentandosi nei generi ed emancipandosi dai confini ristretti del loro cordone ombelicale.

Quale ruolo hanno i giovani nel suo settore?

L’Italia non è un Paese per giovani. Si fa fatica a ricreare la “bottega”, a capire cioè come i giovani possano fare gavetta, lavorando accanto ai “vecchi” e imparando da loro. Ci vorrebbe un piano industriale ed economico che facilitasse il travaso dalle scuole di cinema (poche) al lavoro sul campo. I giovani sono l’occhio più attento alla contemporaneità, annusano più facilmente l’aria del tempo e quindi il loro apporto potrebbe essere creativamente importante se ben utilizzato. Il nostro poi, come tutti i lavori creativi, si impara soprattutto facendo esperienza ed avendo anche un margine per errori e sperimentazioni.

Quali consigli darebbe a una giovane donna che volesse intraprendere la sua carriera?

In campo produttivo lo spazio per le donne è ancora molto limitato. Tradizionalmente il ruolo del produttore è sempre stato considerato maschile. Il produttore insemina (con i soldi) l’autore che, in quanto creativo, è la femmina della coppia e partorisce il film. Iperboli a parte, quello che succede nel cinema rispetto alle donne è quello che succede in tutti i settori industriali. È una questione di potere e non di competenze. Per facilitare un allargamento della mentalità ben vengano, per ora, anche le odiose “quote rosa”, ma solo per ristabilire un equilibrio. E poi comunque è inutile che le donne aspettino che i maschi aprano loro cavallerescamente la porta: facciano da sole, con determinazione e coraggio.

Che sfide vede per il futuro del settore? Che opportunità?

Le nuove tecnologie, le nuove infinite modalità di fruizione del prodotto rappresentano il futuro del settore. La lenta crisi della sala non corrisponde a una crisi dei contenuti. Anzi, c’è sempre maggiore richiesta di nuovo contenuto, così come di quello reinventato, adattato alle nuove e future modalità di visione. Ci sarà sempre un pubblico generalizzato e ampio intorno all’evento, ma si stanno moltiplicando i pubblici di nicchia, sempre più specializzati e disposti a ritagliarsi da soli il proprio palinsesto di visioni. La banda larga aprirà un mercato sconfinato, di cui dovremo non solo imparare le regole ma soprattutto cogliere le opportunità: imparare a navigarlo sarà la nostra sfida personale.

I nostri direttori della fotografia, costumisti e scenografi italiani sono considerati tra i migliori del mondo.

Tilde Corsi