Cos’è nel suo settore la creatività?

Nel mio settore, i servizi di marketing e comunicazione, la creatività è tutto. Il nostro lavoro richiede molte professionalità diverse, alcune davvero superspecializzate, ma tutte ruotano intorno all’abilità creativa. Il messaggio da diffondere, la scelta del media e il suo utilizzo, la pianificazione strategica delle campagne pubblicitarie, le ricerche e l’uso dei dati raccolti attraverso i social media: tutto è gestito in originale, creativo.

Il nostro obiettivo è raccontare una storia, possibilmente un sogno, legati a una marca, un prodotto o un servizio. Usiamo, quindi, tecniche di storytelling, perché un racconto ha un impatto maggiore di concetti comunicati in modo generico.

Noi italiani abbiamo incisa nel nostro stesso DNA un’indole creativa, non solo per la professione che svolgiamo: anche l’ambiente in cui lavoriamo ci aiuta ad essere creativi. È un po’ come se fossimo “programmati” per creare: lo facciamo naturalmente, senza fatica.

Allora cos’è che ci limita?

Questa predisposizione naturale è controbilanciata da un’altra caratteristica italiana: un grande individualismo, spesso eccessivo. Racconta Giorgio Vasari nelle Vite che, appena prima di morire, Michelangelo abbia dato alle fiamme «gran numero di disegni, schizzi e cartoni fatti di man sua, acciò nessuno vedessi le fatiche durate da lui et i modi di tentare l’ingegno suo, per non apparire se non perfetto».[1] Allo stesso modo, oggi, spesso non consideriamo la grande utilità per gli altri del nostro contributo, anche quando “imperfetto”: agiamo prima di tutto per noi stessi, senza considerare il valore intrinseco e pratico, della condivisione.

Questa caratteristica ci danneggia, ed è un vero peccato, perché la creatività fa parte del nostro patrimonio genetico e non riusciamo a metterla al servizio degli altri. Se sapessimo “fare sistema”, condividere, avremmo risultati ancora migliori. Questa considerazione vale nella comunicazione e forse vale anche per l’intera nazione. Dobbiamo evolvere, smettere di essere un insieme di signorie e feudi, comuni e campanili: in un Paese moderno, si lavora per un obiettivo comune.

Possiamo riuscirci? E come?

Per condividere nell’interesse comune dobbiamo lavorare con i giovani: a loro appartiene il futuro. Sarebbe facile parlare di rilancio delle esportazioni, o fare mille ragionamenti di gestione del business: il tema cruciale, anche per la comunicazione, è la gestione delle risorse.

È evidente che i giovani sono un asset fondamentale tanto per la società quanto per le aziende. Ma devono ricevere una formazione moderna, imparare più lingue, coltivare la creatività come valore della cultura manageriale, sviluppare attitudine all’internazionalità. Sviluppare questa visione diversa è possibile solo attraverso un profondo mutamento del sistema educativo.

Quale dev’essere invece il contributo della galassia lavoro?

Anche le aziende ed i loro top manager possono giocare un ruolo importante in questo cambiamento: devono essere in grado di riconoscere il talento e coltivare la piena espressione del potenziale di ogni giovane. Per questo è essenziale che formazione e lavoro marcino insieme. Ma è soprattutto importante affidare ai giovani ruoli di responsabilità, offrendo lo spazio necessario a valorizzarne la professionalità. Molti neolaureati hanno abilità straordinarie, ma si ritrovano schiacciati da contesti aziendali in cui non possono emergere. E il risultato è che molti decidono di espatriare. Abbiamo bisogno di loro, qui e ora. Solo i giovani potranno aiutarci a concretizzare al meglio la creatività, rendendola un autentico prodotto industriale capace di esportare la nostra eccellenza nel mondo.

[1] Giorgio Vasari, “Michelagnolo Buonarruoti” in Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, 1568.

La creatività ci appartiene, non semplicemente per la professione che svolgiamo: in quanto italiani, nel nostro stesso DNA è incisa un’indole creativa.

Massimo Costa