Come si traduce concretamente il concetto di creatività nel quotidiano lavoro di redazione?

Chi scrive un giornale ha l’obiettivo di confezionare un prodotto che innanzitutto informi, ma sappia anche intrattenere. È quindi fondamentale la capacità di presentare i contenuti (informativi o di intrattenimento) nel modo più piacevole ed ordinato possibile. Qui entra in gioco la creatività: ha a che fare con l’esposizione e la scrittura, con l’impostazione grafica, con l’utilizzo delle immagini. In tutto questo va tenuto conto di una constatazione basilare: oggi il “tavolo di lavoro” creativo dei giornali comprende due dimensioni, quella classica della carta e quella più recente del web.

Quindi la creatività ha un ruolo anche nell’integrazione fra carta e web?

Certamente sì, contribuisce molto a renderla possibile. Nel mio giornale, ad esempio, questa integrazione sta funzionando, ma dovremo farla funzionare sempre più. Ormai i giornalisti intervengono indifferentemente su entrambi, con disinvoltura e professionalità, trasferendo sul mezzo digitale le competenze maturate su quello tradizionale.

Ma quali specificità contraddistinguono i diversi canali di distribuzione?

I due media si caratterizzano l’uno per la bruciante istantaneità della notizia, l’altro per le occasioni di riflessione più “a freddo”. Per questo penso che sempre di più la carta sarà destinata all’approfondimento delle notizie del giorno, mentre l’online rimarrà il vettore di una informazione più minuta su ciò che la quotidianità produce in tempo reale. Qui entra in gioco inevitabilmente la questione dell’accesso ai contenuti del web: oggi sono in gran parte gratuiti, ma sarebbe opportuno che anche un lavoro non superficiale di raccolta di informazioni venisse retribuito indipendentemente dal medium, laddove costituisca un servizio aggiuntivo ad hoc. Infatti, lo si potrebbe comparare all’attività delle agenzie di stampa, alle quali i giornali pagano un abbonamento.

Questo ci introduce al ruolo centrale rivestito dai contenuti nell’offerta informativa dei giornali. Come difenderli da chi se ne appropria, o comunque li sfrutta, senza contribuire a produrli?

Si tratta di un problema più generale legato alla sensibilità del pubblico: il contenuto sul web non può essere ritenuto scontato, di per sé stesso liberamente fruibile. È bene cercare di correggere questa percezione attraverso opportuni strumenti di tutela del diritto d’autore, come ad esempio i paywall. Solo attraverso l’applicazione di un prezzo che riconosca valore ed una regolamentazione comparabile a quella di tanti altri settori del mondo produttivo si potranno ottenere risultati durevoli. Assistiamo invece quotidianamente alla veicolazione di contenuti (cartacei e non) prodotti da testate giornalistiche, senza copyright e senza citazione di fonti. Accade sui social network (Facebook e Twitter) ma anche su siti web specializzati, persino in alcuni programmi radio che riportano interi estratti in questo modo. E non esiste una tutela che protegga da questi utilizzi impropri.

Quindi queste violazioni del diritto d’autore hanno un impatto diretto e rilevante sul vostro lavoro.

Vorrei sottolineare questo punto: il tema di una difesa del copyright adeguata alle esigenze è grave e centrale in questo momento nel nostro mestiere. Assistiamo di fatto ad una forma di furto quotidiano dei contenuti da parte di chi se ne appropria senza sostenere alcuna spesa. Mi capita a volte di dire con una battuta che i giornalisti lavorano dalla mattina alla sera per produrre ormai praticamente gratis. Infatti, i contenuti che riguardano l’informazione della giornata sono parte importante del rullo di informazione che i siti Internet propongono fin dalla mattina. Solo nelle ore serali si ha un apporto di valore aggiunto dalle notizie non ufficiali e dai commenti, che vengono poi pubblicati l’indomani sul giornale. Ciò che manca è dunque un posizionamento adeguato di contenuti specifici, ad hoc, che i giornali producono: essi vengono retribuiti e pagati soltanto dall’acquirente del cartaceo o della copia digitale.

Lo sfruttamento non autorizzato di contenuti è diffuso anche all’estero?

Sicuramente sì, ma lì è bilanciato da una maggiore attenzione intorno alla questione della proprietà intellettuale. La mia tesi è che in Italia si debba intervenire introducendo una legislazione molto più restrittiva, che innalzi le tutele del diritto d’autore. Il furto di contenuto dovrebbe essere più difficile da attuare e, una volta riconosciuto, effettivamente perseguibile dalle autorità preposte.

Diversi fra quotidiani e periodici online offrono la possibilità di accedere ad un limitato numero di articoli prima di richiedere una sottoscrizione in abbonamento. È una strategia che funziona?

Non vedo nulla di male nell’offrire periodi di prova al lettore, per permettergli di capire se gli articoli di una certa testata siano effettivamente di qualità e se per lui siano (o possano diventare) indispensabili. Si può generare un meccanismo di avvicinamento. Queste forme di lettura vanno però incentivate parallelamente alla tutela del diritto d’autore.

Concentriamoci ora sui contenuti. Lei definisce il suo giornale “glocal”: è importante il legame fra quotidiano e territorio?

È fondamentale. È ciò che in questo momento instaura un rapporto di vicinanza e di integrazione tra il lettore e la realtà territoriale nella quale vive ed agisce. La crisi dell’editoria ha evidenziato come i bacini di utenza più forti siano quelli legati al territorio su cui insistono le testate giornalistiche. Da qui bisogna partire: il racconto della realtà nazionale e internazionale deve avere profonde radici territoriali. Ciò consente due cose. Anzitutto permette al lettore di guardare ai fatti di tutto il mondo con gli occhi della propria parte di mondo; ma soprattutto lo avvicina ai contenuti, facendolo sentire un autentico punto di riferimento, la missione di servizio del quotidiano.

In altre parole, i cittadini hanno ancora bisogno di un giornale “di servizio”.

Esattamente. Come ho detto, c’è bisogno di uno strumento che accompagni approfondimenti sull’informazione globale agli aspetti più minuti e vicini della vita quotidiana. Ma il servizio reso al lettore si realizza anche difendendone i diritti di consumatore e facendoli valere davanti all’amministrazione pubblica.

Abbiamo parlato di contenuti e della loro tutela. Cosa dire invece dei loro destinatari, cioè i lettori? Quale strategia sta adottando il vostro giornale per aumentarne il numero? Come attrarre il pubblico giovane, quello che legge apparentemente meno?

C’è una differenza sempre più marcata tra gli utenti che leggono il giornale di carta ed hanno tendenzialmente un’età più avanzata e coloro che invece, più giovani, preferiscono informarsi direttamente sul web. Tale gap va colmato, portando questi verso la carta stampata e quelli verso il digitale in modo più massiccio. La famosa integrazione carta-web prevede che il giornale sia un prodotto multimediale che attraversa più tecnologie, articolato in modo differente a seconda del mezzo su cui viene riprodotto (carta, web, smartphone etc.) Anche l’implementazione di servizi personalizzati può essere una strada percorribile. Dobbiamo intercettare un pubblico giovane che fino ad oggi è stato poco attratto da un mezzo percepito come più tradizionale e poco flessibile alle proprie esigenze. Penso che i giornali debbano lavorare ancora molto in questa direzione.

Come si mette in pratica questa intenzione?

Il modo migliore, a mio avviso, è quello di fare un giornale di servizio. Ma non è sufficiente: bisogna anche intercettare una serie di sensibilità, esigenze, gusti, tendenze. Tutti ci stanno provando, ma mi pare che nessuno, anche all’estero, in questo momento abbia la ricetta giusta per la svolta. Direi che la chiave sta nel tentare di dimostrare ad un pubblico giovane che per avere una informazione completa, cioè uno strumento di comprensione in più, non basta una infarinatura frammentaria sui social network (che peraltro spesso attingono impropriamente dai giornali). Meglio allora attingere direttamente alla fonte primaria, genuina, affidabile dell’informazione. A questo senso di fiducia e qualità può contribuire notevolmente il marchio: quello “storico” di certi giornali è una garanzia di qualità, analogamente a quanto avviene per qualsiasi altro acquisto di beni o servizi.

Infine, quali opportunità vede per il futuro del settore?

Penso che ne abbiamo molte, perché l’informazione è un bene irrinunciabile. La gratuità non le fa bene: l’informazione ben fatta ha moltissimi costi intrinseci, che anzitutto riguardano l’attività degli editori, il tempo e le energie dei giornalisti. L’approfondimento giornalistico non è semplice e, come ogni altra prestazione specialistica, va retribuito adeguatamente. Penso che l’idea di “pagare poco, pagare tutti” potrà aiutare il settore ad ottenere le risorse di cui ha bisogno per resistere e svilupparsi in un mercato radicalmente cambiato.

Oggi il “tavolo di lavoro” creativo dei giornali comprende due dimensioni, quella classica della carta e quella più recente del web.

Virman Cusenza